Dai primi di marzo alcune categorie professionali, di concetto e di responsabilità, sono state ricollocate in modalità smart working, trovandosi al centro di un acceso dibattito sui lati positivi e negativi del sistema. Da alcuni è considerato una via privilegiata al mantenimento del posto di lavoro - e dello stipendio - da altri una modalità che nei paesi nordeuropei in cui è applicata da anni ha fatto miracoli, da altri ancora invece una nuova forma di sfruttamento del lavoratore, e soprattutto, della lavoratrice.
Ma andiamo con ordine. E' vero che le aziende hanno dovuto chiudere i settori e le attività produttive, non potendo consentire l'accesso agli operai; i negozi hanno abbassato le serrande e messo molto personale in cassa integrazione, che si sta rivelando per alcuni marchi l'anticamera del licenziamento; è vero che i piccoli artigiani non riusciranno a rimettersi in pari in pochi mesi, che i liberi professionisti inseriti negli albi non ricevono adeguate agevolazioni fiscali; è vero che i ristoranti si arrangiano come possono con le consegne a domicilio, opportunità scoperta anche da librerie e negozi di abbigliamento. L'Italia si fonda sullo Stato, ma non solo; le piccole e medie imprese sono la parte vitale dell'economia del nostro Paese, così come il turismo, che vorrebbe rilanciarsi ma con grossa paura per le possibili conseguenze sulla salute dell'intera popolazione, in assenza di certezze (o speranze) che il mondo scientifico in questo momento non può fornire. Per questo motivo lo smart working è stato salutato da molti sociologici ed economisti come uno strumento di salvezza in questo momento: la pianificazione, l'organizzazione, i progetti possono essere ripresi e portati avanti; è possibile prefigurare le prospettive esistenti per alcuni settori produttivi e iniziare a realizzarle; i lavoratori coinvolti riescono a mantenere i contatti con i colleghi e il mondo esterno scongiurando il rischio di burn-out collegato, in questo caso, all'isolamento sociale.
Altri effetti positivi dello smart working si vedranno a breve sull'ambiente: meno traffico, maggiore uso dei mezzi pubblici e riduzione dei rumori nelle città e nelle zone molto frequentate. Tutte misure che potrebbero essere incentivate in maniera stabile e non occasionale - come la giornata senza auto - indipendentemente da una pandemia mondiale.
Eppure io non riesco a vedere nelle smart working questo florilegio di virtù. Per me che sono un'insegnante significa un notevole sovraccarico di lavoro e credo che nella mia situazione si trovino molti altri lavoratori. Perennemente incollati allo schermo del pc a leggere, verificare, scrivere, correggere, inserire, videochiamare, dimentichiamo quale era il nostro orario di lavoro; è vero che se non si inizia più alle 8.00 del mattino, di certo non si finisce alle 18.00. La routine dell'ufficio non esiste più e ogni esigenza sembra prioritaria, tutto va fatto subito. Secondo la rivista "Millionaire", lo smart working è il "new black", da intendersi come nuova tendenza, ovviamente positiva. Secondo me, invece, è black nel senso che genera un bel pò di lavoro sommerso per chi è connesso 10/12 ore al giorno. E infatti alcuni sociologi hanno coniato nuovi termini: overworking per indicare questo fenomeno, e addirittura extreme working, secondo la CEO di Valore D Barbara Falcomer, in riferimento al lavoro femminile di questo periodo, in cui le donne continuano ad occuparsi di casa, figli e professione come al solito, ma con ulteriori pressioni e responsabilità, tra cui quella di dover dimostrare di saper fare ancora meglio il proprio lavoro e quella di intrattenere i figli più piccoli e seguire con dovizia i figli più grandi nello studio e nella didattica a distanza. Ancora più multitasking, quindi, e non ne avevamo certo bisogno! Ciononostante, ci rimbocchiamo le maniche e affrontiamo questa situazione col sorriso sulle labbra, con resilienza, con la capacità di guardare in prospettiva a quando la pandemia sarà finita e il mondo, forse, sarà pervaso da uno spirito diverso, più umano e solidale.
Altri effetti positivi dello smart working si vedranno a breve sull'ambiente: meno traffico, maggiore uso dei mezzi pubblici e riduzione dei rumori nelle città e nelle zone molto frequentate. Tutte misure che potrebbero essere incentivate in maniera stabile e non occasionale - come la giornata senza auto - indipendentemente da una pandemia mondiale.
Eppure io non riesco a vedere nelle smart working questo florilegio di virtù. Per me che sono un'insegnante significa un notevole sovraccarico di lavoro e credo che nella mia situazione si trovino molti altri lavoratori. Perennemente incollati allo schermo del pc a leggere, verificare, scrivere, correggere, inserire, videochiamare, dimentichiamo quale era il nostro orario di lavoro; è vero che se non si inizia più alle 8.00 del mattino, di certo non si finisce alle 18.00. La routine dell'ufficio non esiste più e ogni esigenza sembra prioritaria, tutto va fatto subito. Secondo la rivista "Millionaire", lo smart working è il "new black", da intendersi come nuova tendenza, ovviamente positiva. Secondo me, invece, è black nel senso che genera un bel pò di lavoro sommerso per chi è connesso 10/12 ore al giorno. E infatti alcuni sociologi hanno coniato nuovi termini: overworking per indicare questo fenomeno, e addirittura extreme working, secondo la CEO di Valore D Barbara Falcomer, in riferimento al lavoro femminile di questo periodo, in cui le donne continuano ad occuparsi di casa, figli e professione come al solito, ma con ulteriori pressioni e responsabilità, tra cui quella di dover dimostrare di saper fare ancora meglio il proprio lavoro e quella di intrattenere i figli più piccoli e seguire con dovizia i figli più grandi nello studio e nella didattica a distanza. Ancora più multitasking, quindi, e non ne avevamo certo bisogno! Ciononostante, ci rimbocchiamo le maniche e affrontiamo questa situazione col sorriso sulle labbra, con resilienza, con la capacità di guardare in prospettiva a quando la pandemia sarà finita e il mondo, forse, sarà pervaso da uno spirito diverso, più umano e solidale.
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