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Elogio della gentilezza

Mi ha colpita molto la storia di un'insegnante di scuola media, in provincia di Treviso, che ha deciso di dedicare un'ora a settimana delle sue lezioni ad insegnare ai suoi alunni la gentilezza. Quindi non solo verifiche o approfondimenti, ma veri e propri esercizi per apprendere il rispetto e mettere in pratica l'empatia, tra loro e con gli adulti intorno a sé - a partire dai genitori, che iniziano a soffrire gli sbalzi d'umore dei figli preadolescenti e rimpiangono i bambini affettuosi e in vena di coccole di qualche tempo prima. Funziona così: ogni giorno gli alunni scrivono su un diario la gentilezza che pensano di mettere in atto, e scrivono come hanno reagito le persone che l'anno ricevuta e, a fine giornata, aggiungono una riflessione su come si sentono loro stessi. L'esercizio serve a sviluppare empatia e abituarsi ad essere gentili in tutte le occasioni quotidiane. L'idea è nata perché la professoressa era stanca del clima di aggressività e prepotenza che si respirava a scuola, tra gli alunni e con i colleghi, ma non solo: anche in strada, negli uffici, al supermercato. E ha capito che un cambiamento avrebbe potuto esserci con poco, anche un sorriso, perché la gentilezza è contagiosa, genera risposte positive, solleva l'umore, aumenta la propensione alla collaborazione, all'ascolto, alla fiducia verso il prossimo. Lo stesso effetto che si ottiene con un "grazie" pronunciato con sincerità. La società di oggi, invece, è estremamente competitiva e spinge a buttare la sorellanza fuori dalla finestra in favore di atteggiamenti scortesi, sgarbati e talvolta anche divisivi. Da certe persone la gentilezza è considerata una vulnerabilità, da usare a proprio vantaggio per sfruttare gli altri finché fanno comodo e poi liquidarli quando non servono più. Per fortuna sul lavoro si incontrano anche tante persone simpatiche, oneste e leali, con le quali nascono rapporti di collaborazione e di amicizia, che continuano anche in altri contesti; la persona degna di fiducia, infatti, ha vedute aperte, sa relazionarsi, fa sentire accolti e mostra empatia. Ma bisogna essere pronti ad affrontare le situazioni più disparate. A volte il gioco si fa duro e ci si deve saper difendere. E come? Innanzitutto imparando  a capire di chi ci si può fidare. 
Chi non ispira fiducia infatti è una persona falsa, che dà subito prova di doppiezza e opportunismo, che osserva gli errori o le insicurezze altrui per usarle come armi contro il malcapitato di turno. I suoi difetti però non esistono, quando li elenca suonano come pregi al contrario. Questo tipo di persona non è sincera, è egocentrica e non perde occasione per fare marketing di sé stessa a discapito degli altri. E mente, spudoratamente, tanto che gli altri si allontanano per timore di un confronto o delle sue reazioni, rinunciando ad ogni contatto per evitare di essere strumentalizzati. Cosa fare quando si incappa in una persona del genere? Si può provare a neutralizzarla in diversi modi: il primo è sforzarsi di ignorarla completamente, dicendole, anche in modo molto deciso, che con lei non si vuole avere nulla a che fare. Il rischio però è che questa persona racconti al lavoro di esser stata aggredita e minacciata e che poi si vendichi mettendo i bastoni tra le ruote ai colleghi colpevoli di non essersi alleati con lei. Meglio allora ritirarsi adducendo motivazioni di tipo professionale e, se necessario, presentare elementi oggettivi a supporto della propria richiesta di lavorare ad altri progetti (ad esempio, lavori non conclusi a causa di loro interferenze documentabili) e con altre persone! Eviteremo in questo modo di trovarci in situazioni che ci privano di serenità e, rendono il nostro microcosmo più disarmonico e minano la nostra serenità. A volte i miracoli accadono..

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