Questo è un anno particolare per affrontare il tema delle vacanze. Mio marito si è sentito fare più di una volta la battuta: "vai anche in ferie, tu che da febbraio sei a casa?", come se noi insegnanti fossimo stati in smart working per finta, io invece sono stata più fortunata (nel senso che ho avuto a che fare con persone che sicuramente lo avranno pensato, ma non hanno avuto il coraggio di dirlo apertamente!). Fermo restando quindi che quest'estate le ferie intese in senso classico - una o due settimane lontano da casa - le faranno in pochi, la mia modesta opinione è che la fase della vacanza più stressante in assoluto sia l'organizzazione: a me piace prendermi per tempo, fare ricerche accurate, scegliere la destinazione, selezionare l'alloggio, cercare altre attività nei paraggi ecc... E prenotare subito, già a marzo, per arrivare a luglio tranquilla - o almeno provarci. Mio marito invece è dell'opinione opposta, quando nostra figlia era piccola e non volevamo affrontare lunghi viaggi in macchina, ha provveduto lui alle vacanze e siamo partiti con prenotazioni fatte solo qualche giorno prima e in posti vicini (nel nostro caso, litorale veneto o poco oltre). In effetti, io affronto la preparazione alle vacanze come un lavoro da portare a termine con la massima efficienza, l'ennesimo processo che devo decidere, tenere sotto controllo e ultimare con un obiettivo ben preciso; penso sia tipico delle mamme che devono considerare vari aspetti del viaggio e della permanenza in un posto che non è la propria casa. Adesso invece mi rendo conto che vacanza è innanzitutto riuscire a staccare dai soliti ritmi, anche se oggi è diventato più difficile: con la scusa del lavoro agile, siamo tutti reperibili e rintracciabili dai superiori che ti cercano al telefono anche quando sei in spiaggia, alla faccia del diritto alla disconnessione. A qualcuno capita di tornare a casa con la sensazione di non aver mai riposato, sempre con il pensiero fisso al lavoro lasciato in sospeso in ufficio e che aspetta di essere portato a termine e a tutte le incombenze che comunque toccheranno al rientro: è l'ansia di controllo, che di questi tempi è molto generalizzata. Partiamo con gli amici, allora: saremo per forza di cose costrette a distrarci e a divertirci...forse. Ma solo se sapremo essere "leggere", cioè comprendere che tutti abbiamo bisogno di riposo e svago. Concedere tregua al marito che insieme agli altri uomini regredisce allo stadio adolescenziale o alla moglie che vuole andare a ballare con le amiche, o ai figli adolescenti che vogliono uscire dopo cena sono piccoli gesti che ci faranno guadagnare punti anche con noi stesse. Mai toccare temi come la fede e la politica - e questo è un evergreen - ma anche non parlare solo di scuola, di figli, di lavoro: meglio spostare le conversazioni su argomenti più casuali, come i viaggi, la cucina, gli hobby in generale. E prendersi i propri spazi, perché anche se si è in vacanza tutti insieme, si ha diritto ad un momento di solitudine. Ma quelle che io ultimamente ho iniziato a invidiare sono le coppie in vacanza senza figli, perché riescono a passare del tempo di qualità con il proprio partner (non mi ricordo l'ultima volta che ho trascorso con mio marito del tempo vuoto da impegni, spese ecc.). Ma come fanno? Innanzitutto, sono capaci di uscire dalla routine e di fare cose nuove o diverse dal solito; poi, in pieno riposo e relax, si focalizzano sulle bellezze del luogo di vacanza, sulle opportunità che offre e non tirano fuori discussioni rimaste in sospeso e non risolte. Quando si torna a casa?
Ho riletto il mio lungo post su Milano, scritto esattamente un anno fa, quando provavo un amore incondizionato per la città e mi sentivo come Carrie negli episodi di SATC in cui “usciva con New York”, ma per forza di cose molto meno elegante e effortless di lei. Chiaro che la mia visione da turista, che va a Milano per mostre o altri eventi, non contempla le difficoltà e i disagi quotidiani di chi ci vive, lavora e si sposta da una parte all'altra della città, tutto il giorno, correndo senza sosta. Persone che alle fermate della metro ti spingono per prendere il treno sennò arrivano tardi al super posto di lavoro e poi sui social ti mostrano le stanze “ampie” due metri quadri spacciati per appartamenti e dati in affitto come se fossero quadricamere, alla faccia di Gianluca Torre, delle sue dimore di charme imperdibili e delle richieste milionarie ma “perfette”. Eppure, niente sembra scalfire l'immagine glamour e accattivante di questa città, in continua trasformazione, sempr...
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