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Figli unici, tormenti multipli

Dei figli unici si parla sempre con un "ma". E' un bambino socievole,  ma... E' un bambino che sa giocare con gli altri, che sa stare in compagnia, ma...Ma si rapporta solo con adulti, ma non è abituato a condividere i giochi o i suoi spazi con i coetanei, ma pretende le attenzioni su di sé ecc.. Anche delle donne che hanno un solo bambino si dicono cose poco lusinghiere: non vogliono rischiare di rovinare il corpo con ripetute gravidanze, non vogliono fare rinunce o sacrifici, non vogliono una famiglia numerosa che ostacoli la loro carriera. 
Come sempre, ogni caso è diverso dall'altro e ogni donna ha i suoi motivi - intimi e personali - per (decidere di) avere un solo figlio, ma il retaggio di una certa mentalità cattolica o di altri tempi, che considerava vera solo una famiglia con due o più figli e la madre di un figlio unico una madre solo a metà, continua ad resistere. Ho visto figli unici molto viziati, che schiacciano i genitori, con le loro continue richieste di acquistare cose o fare o andare, come se la famiglia, invece che di tre persone, contemplasse solo loro e i genitori fossero i loro domestici, autisti, cassieri. Ho visto però anche genitori forti e capaci di dire più di qualche no, anche di fronte a possibilità economiche che non porrebbero limiti alle richieste dei figli, che non vengono trattati come principi ereditari né come tiranni da accontentare, per evitare che poi si arrabbino, mettano il muso e inizino a fare i capricci, rifiutandosi di seguire la mamma o il papà quelle poche volte che sono loro a scegliere per tutta la famiglia! 
E noi e nostra figlia, in questo quadro, dove ci collochiamo? Tanti amici - ma anche le persone che ci vedono insieme per la prima volta - dicono che la "coppia" non siamo io e mio marito, ma lei e suo papà, cosa che mi fa molto ridere e mi riconosce anche il merito di averlo coinvolto nella vita di nostra fin dalla nascita. E in questi anni abbiamo sempre cercato di alternarci passando insieme con lei il nostro tempo in maniera equilibrata e facendole capire che per qualsiasi necessità, bisogno o domanda può rivolgersi indifferentemente a entrambi. La separazione è naturale e, dal momento che siamo in piena preadolescenza, è già iniziata: oltre a essere diversa da me fisicamente, ci sono gusti che con me condivide e altri che non so da chi abbia preso. Le piace il mare, come alla mamma, ma anche la piscina (brrr), le piace cucinare, ma non è golosa (ehm...), le piace viaggiare ma odia camminare, le piace ballare - e ci siamo - ma è anche molto sportiva, mentre la mamma è leggermente più ferma, per così dire. Ma va benissimo così, io la osservo continuamente e a volte la "interrogo", come dice lei, per capire se le sue scelte sono davvero sue o sono dettate dalla paura di deludere mamma e papà, dal desiderio di accontentarci e non da quello di compiacere se stessa, che è l'unica persona che deve essere soddisfatta. I figli infatti non sono qui per solleticare il nostro ego, ma ce li mettiamo noi e dobbiamo lasciare che diventino quello che sono o che aspirano ad essere. Aprirsi al contatto con gli altri e intrattenere rapporti con le altre famiglie è indispensabile per non ritrovarsi in un rapporto a tre soffocante e non costruttivo. Per me, portare mia figlia a casa delle amichette oppure invitarle da noi, andare in piscina, alle feste di compleanno, alle giornate aperte della scuola, è stato un lavoro: purché socializzasse, ho girato per anni come una trottola e le compagnie sono diventate talmente irrinunciabili per lei, che credo che andrò avanti (e anche mio marito) ancora per un bel po'. Ma ho avuto l'innegabile soddisfazione di vedere crescere una bambina che si è sempre inserita in ogni gruppo ed è sempre andata d'accordo con tutti, e anche con il vantaggio per la mamma di aver fatto nuove conoscenze in terra "straniera". I bambini imparano presto a creare legami di affetto e amicizia tra loro, specie se sanno che in famiglia, a casa,  sono gli unici ad avere quell'età. 
Tutto risolto, allora? Beh, in realtà la felicità dei figli dipende dall'equilibrio dei genitori e questo vale per tutti, non solo per i figli unici. Un atteggiamento sempre vigile, iperprotettivo e di super-controllo non giova a nessuno e rischia di far crescere i figli ansiosi, pieni di paure e incapaci di decidere e agire per timore di sbagliare, di non essere all'altezza. Quando mia figlia viene invitata a casa da un'amichetta, al pomeriggio ma anche a dormire fuori casa o a passare qualche giorno al mare o in montagna senza i genitori, per me e mio marito è difficile lasciarla andare, ma non ci pensiamo due volte ad acconsentire perché sappiamo che queste sono esperienze di cui ha bisogno emotivamente, anche se è dura rinunciare alla sua presenza. E quando torna, anche dopo poche ore, sembra già cambiata. All'inizio pensavo che fosse dovuto al naturale desiderio di maggiore libertà e meno limiti, poi però alla lunga mi sono resa conto che si tratta di nostalgia della tana. Che passa con una dose extra di coccole. Finché si può...

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