Procrastinazione: il nuovo male del secolo? Di sicuro, una parola già usatissima nel nuovo anno, che ha sostituito resilienza ma non in senso positivo, anzi. Mentre la resilienza è una qualità che ci consente di resistere agli urti della vita, la procrastinazione è considerata un difetto perché invece di indurci ad agire, ci spinge a rimandare continuamente quello che dovremmo fare. Viviamo giornate pienissime, con ritmi serrati e tanti impegni, che sembrano tutti urgentissimi e soprattutto prioritari. Ma prioritari rispetto a cosa? A quanto pare, la nostra vita privata, la nostra tranquillità, la nostra soddisfazione a fine giornata non dipendono più dai noi stessi e dalla nostre emozioni, ma dalla quantità di impegni che siamo riusciti a concludere durante la giornata prima di andare a dormire. E così, dopo il lavoro - da svolgere sempre al massimo delle proprie risorse psicofisiche - bisogna accompagnare i figli a casa degli amici, a calcio, a scuola di musica perché anche loro devono poter scoprire e coltivare le proprie loro passioni (a 5 anni?). Nel frattempo noi dobbiamo andare in palestra altrimenti siamo fuori forma, incontrarci con le amiche altrimenti siamo poco socievoli, preparare la cena altrimenti non siamo efficienti e a sera, essere anche presentabili e "romantiche". Io direi che bisogna essere di ferro. Chi riesce a sostenere ritmi del genere? Davvero non si può rinviare nulla, dobbiamo per forza organizzare e programmare tutto, dimostrare di farcela trasformando anche le nostre passioni in compiti da portare fino in fondo? Non esiste più la possibilità di iniziare qualcosa - un libro, un corso, una dieta, un’attività sportiva - per vedere se ci piace e poi decidere di abbandonarla a metà perché non ci interessa più come credevamo?
Ma passiamo all’altra metà della mela, il contraltare della procrastinatrice: è il corridore, come io chiamo mio marito, perché sì, ne ho sposato uno e consapevolmente. Quando l’ho conosciuto era uno che faceva mille cose, partecipava ad eventi ovunque, usciva anche tutte le sere, non si faceva mancare nulla. Per un po' ho provato a stare al passo seguendolo ovunque mi proponesse di andare ed ero contenta che volesse coinvolgermi il più possibile nella sua vita, poi ho iniziato ad essere fisicamente stanca; pur essendo più giovane di lui, non riuscivo ad essere efficiente al lavoro se avevo dormito tre ore la notte precedente. Lui era caricato a molla, invece, perché le sovrapposizioni, le concomitanze, l’affollamento di impegni e dei pensieri gli regalavano entusiasmo e adrenalina. Anche oggi, lui lavora bene sotto stress, quando le scadenze si avvicinano; invece iniziare giorni prima a rimuginare su un lavoro, preferisce distrarsi, fare una passeggiata, persino fare la spesa (o l’aperitivo con me) pur di dare aria al cervello; dice che in questo modo riesce a trovare una soluzione in ogni caso, senza sprecare energie mentali inutilmente. Io sono più immaginativa, mi prefiguro in mente ogni possibile scenario, dal più drammatico al più felice e poi, quando prendo una decisione, spero sia quella giusta e incrocio le dita, perché fino a che la storia non si compie, non sono del tutto convinta di aver fatto bene. E se commetto un errore, all’insicurezza di fondo si unisce il senso di colpa, altra costante delle nostre vite, specialmente se siamo donne: non ne facciamo una giusta. Ma allora meglio non fare nulla, no?
E a questo punto personalmente mi confondo. Gli esperti ci dicono che dobbiamo concentrarci sul presente, smettere di rimpiangere il passato perché non tornerà e non possiamo cambiarlo, possiamo solo tentare di gestire al meglio le conseguenze delle nostre azioni. Però ci dicono anche di non proiettarci ossessivamente nel futuro, perché, anche se ci organizziamo e programmiamo nei minimi dettagli, non abbiamo il controllo sugli altri, sull’ ambiente esterno, sui fattori casuali e il risultato non sarà mai esattamente quello che ci prospettiamo o che desideriamo. Dobbiamo quindi focalizzarci sul presente e cercare nel “qui e ora” la nostra felicità, che - sempre secondo gli esperti - si raggiunge attraverso una facile strategia: invece che darci obiettivi esagerati, non realistici, troppo al di fuori della nostra portata, dobbiamo sognare in piccolo (ehm…). Scriviamo su un foglio tutti i nostri propositi, suddividiamoli per categorie (cura di sé, casa, famiglia, lavoro, viaggi, tempo libero, sport ecc) e riordiniamoli facendo una specie di graduatoria dal più concreto e per noi congeniale al più astratto, quindi più lontano dal nostro essere, e per ciascuno stabiliamo i tempi in cui ci impegniamo a realizzarli. A questo punti eliminiamo del tutto gli obiettivi troppo distanti dalla nostra condizione di partenza, che ci farebbero sentire inconcludenti, per non dire falliti, se non riuscissimo a realizzarli e iniziamo a mettere in atto la lista secondo la tabella di marcia stabilita. Et voilà, il gioco è fatto. L’algoritmo si compirà come per magia…naturalmente solo a patto di non rinviare o ritardare a causa della procrastinazione, già famigerata causa di tutti i nostri problemi, delle nostre frustrazioni, dei nostri insuccessi. In breve, della nostra infelicità.
Continuo a rimanere perplessa e alla fine i grandi esperti non mi hanno aiutata. Vado a stirare, che sono tre giorni e tre lavatrici che rimando, e chissà che non riesca a chiarirmi le idee.
Commenti
Posta un commento