Capitolo regali di Natale. Quando mia figlia era piccola riuscivo a raccontarle quanto fosse fortunata: nonostante Babbo Natale dovesse provvedere ai regali per migliaia di bambini, aveva la possibilità di passare a casa sua e poi a casa dei quattro nonni, dei cuginetti, delle amiche ... e andava bene tutto. Da quando si sa che Babbo Natale siamo noi, ogni anno l'inconsapevolezza dell'età si unisce alle mode e arrivano le richieste più disparate; e mentre per i libri ci affrettiamo a fare gli acquisti desiderati, la felpa e le scarpe di questo o quell'altro brand mi scatenano reazioni allergiche all'istante. Con le necessità quotidiane ce la caviamo a buon mercato - devo ammettere che mi rivolgo alle catene low - cost perché la quantità è più importante della qualità, nella fase della crescita e delle attività "artistiche", tanto a lavare e a stirare ci pensa la mamma - ma per le occasioni particolari mi tocca la gran riserva. Proprio a me che odio entrare in quei negozi, strapieni di ragazzine vestite allo stesso modo che fanno la fila fuori dai camerini per provarsi gli stessi identici vestiti; la musica a tutto volume e le luci al neon, che ti fanno credere di aver preso un maglione di un certo colore ma quando poi torni a casa ti rendi conto non solo che il colore è un altro, ma anche che lo avevi già. E gli dei si vendicano perché nell'odiato negozio ci devi tornare, a implorare di cambiare l'articolo dribblando il voucher da usufruire entro la fine del mese solo sugli articoli della nuova collezione, altrimenti online e solo in alcuni giorni. Grazie, mi tengo il doppione, mi fa comodo mentre l'altro è steso ad asciugare. Per fortuna questa tortura mi capita solo a Natale, al compleanno e alla fine dell'anno scolastico, con l'arrivo dell'estate, per il cambio di stagione e per un solo turno; non so come ce la facciano le donne che hanno più figli. Tra l'altro, al di fuori del periodo dei saldi, queste marche hanno prezzi non esattamente economici e comunque sproporzionati alla loro qualità; tra zip, bottoni e strappi non previsti che ho dovuto far sistemare poco dopo l'acquisto, sicuramente né le giacche né i pantaloni sono valsi la spesa, forse si salvano solo alcuni jeans e qualche felpa.
Con le scarpe apriamo proprio un altro capitolo; escludendo quelle che costano quanto una spesa quindicinale per una famiglia di quattro persone, ovviamente nessun tipo va bene e quando proponi di dividere il costo a metà con le paghette del nonno, la risposta è che lei quelle paghette le mette da parte per uscire con le amiche, altrimenti dovrei darle i soldi anche per quello. Allora sono io che ritratto, perché mia figlia frequenta più spesso ragazze che si accontentano di un gelato e di un salto in profumeria - e sono così brave da imporsi da sole un tetto di spesa - ma ogni tanto invece esce con delle ragazze conosciute al centro estivo, che non hanno limiti di budget. E in questo caso io per prima mi trovo in difficoltà, perché non ho la possibilità di dare a lei lo stesso pocket money che hanno loro per fare un "giro a negozi", né lei ha (ancora) un conto in banca personale con bancomat, non solo per motivi di disponibilità economica - potremmo farlo - ma perché credo sia prematuro per l'età. Non penso che a tredici anni le ragazzine siano in grado di riflettere sull'effettiva necessità di comprare o meno qualcosa, se è un acquisto fondamentale o superfluo, se deriva da un bisogno effettivo o è solo uno sfizio magari rimandabile o a cui si può rinunciare in vista di qualcosa di più importante. Tante volte negli anni scorsi ho visto mia figlia tornare a casa piena di ciarpame che dopo qualche mese è finito nell'immondizia e più che tanti discorsi sul risparmio economico sono stati utili discorsi sull'inquinamento che questi oggetti causano, tra produzione e smaltimento.
Ultimamente noto che la quantità di queste spese si è ridotta in favore di trucchi, cosmetici per la pelle e stampe fotografiche; ne sono contenta, tante volte ne abbiamo parlato e il messaggio è arrivato: mia figlia è maturata anche sotto questo aspetto. Mentre prima comprava compulsivamente e aveva tot pezzi di blush, maschere per il viso, mascara e gloss tutti uguali, adesso è capace di fermarsi "perché ne ho già tanti a casa" ed è anche soddisfatta di aver saputo rinunciare in cambio di un pò di soldi in più accantonati per comprare libri, cancelleria per la scuola (ha decine di evidenziatori e pennarelli) o pensierini per le amiche. Noi genitori nel frattempo invece ci buttiamo su metodi meno empirici e tra buoni da riscuotere al compimento dei diciotto anni, libretti postali, Pac in banca, pensioni integrative e polizze varie, cerchiamo di barcamenarci tra mille informazioni, spesso contraddittorie e non sempre chiarissime, per fare la scelta più efficace per il suo avvenire e la nostra serenità, in particolare per l'anno di studio all'estero, l'università e l'Erasmus, se vorrà farlo (e qui la mamma spingerà eccome!!), perché in genere le borse di studio non sono del tutto sufficienti allo scopo. Per fortuna esistono anche siti indipendenti dove fare ricerche in merito senza ritrovarsi, alla fine della lettura, di fronte alle solite proposte di acquisto di prodotti e fondi azionari garantiti a cento anni con deposito su Marte e pagamento degli utili in Bitcoin, che quando li versi sono monete sonanti e quando li riscuoti spesso sono già spariti nella realtà virtuale (e sembra sia questo il motivo per cui stanno vivendo un periodo di declino). Per fortuna non ho questi problemi, anche se ho letto di persone della mia età e anche più grandi che si sono lasciate tentare da investimenti su piattaforme blockchain e hanno ottenuto ben pochi profitti, subito reinvestiti in automatico prima della riscossione, e molte più perdite rispetto al denaro effettivamente versato. In questo caso, la mia scarsa propensione al rischio, che sembra sia una caratteristica femminile di cui spesso in finanza si parla come di un grosso difetto, mi ha protetta nonostante abbia la fama di "persona incauta". Io!!
E mentre gli anzianotti "boomer" si atteggiano a esperti del digitale e del virtuale con risultati spesso discutibili, gli adolescenti si dimostrano più furbi e accorti e riescono anche a monetizzare: non solo attraverso gli ormai noti canali Youtube o Tiktok o Instagram, dove si raccontano e nel frattempo pubblicizzano qualsiasi cosa. No, quelli sono obsoleti oramai, anche secondo voci autorevoli come quelle dei giornalisti di Internazionale; sono stati superati dalle riffles, ovvero le aste (spesso notturne) online, dove i ragazzi comprano scarpe o capi di abbigliamento di famose aziende, in genere americane, e le rivendono anche al triplo del prezzo di acquisto perché si tratta di pezzi unici in edizione limitata. E guadagnano cifre altissime, ingestibili per la loro età. Ci riescono soprattutto quei giovani che non hanno necessità di dormire o alzarsi presto al mattino, perché hanno finito la scuola e non hanno altri orari da rispettare e quindi possono passare la notte davanti al Pc. Adolescenti già in possesso di una carta di credito o una prepagata e di un conto corrente che i genitori non controllano e da cui passano tutti i movimenti e i pagamenti. Si chiama reselling ed è una moda scoppiata negli ultimi mesi soprattutto attraverso le App di acquisto e rivendita del nuovo e dell'usato; in Italia non c'è regolamentazione e se i figli non vengono sorvegliati possono certamente arricchirsi, è vero, ma più probabilmente rischiano di venire risucchiati da questo meccanismo, che consente facili introiti senza fatica e crea una vera e propria dipendenza, fino ad annullare la vita fuori dalla rete e nel mondo reale. Una prospettiva che come mamma mi spaventa moltissimo. Per carità. Evviva la paghetta del nonno.
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