Dopo aver rimandato l'appuntamento di qualche settimana, giusto per evitare l'arrembaggio, anche io sono andata a vedere il film di Barbie, estremamente grata verso mia figlia, che è venuta con me invece di organizzarsi con le amiche. C'era infatti qualche gruppetto di ragazze un po' più grandi della mia e tante bambine più piccole accompagnate dalle mamme; secondo me, le prime si sono abbastanza divertite, le altre, passato l' (eccessivo) effetto caramella dovuto alla sovrabbondanza del rosa e del fluo, si sono annoiate. Non è un film per bambine, è un film per millennials o per ragazze che hanno già "sentito" da qualche parte le riflessioni odierne sul ruolo della donna nelle relazioni, nella coppia, in famiglia, sul lavoro, nella società e che ne parlano in gruppo, a scuola, con i genitori e magari anche con gli insegnanti. Altrimenti per loro il film alla fine può risultare troppo didascalico e poco cinematografico. Serioso più che serio, insomma, nonostante invece sia anche molto divertente. Io infatti l'ho trovato perfetto (per me)!
Da dove comincio? Dai miei ricordi di bambina. Avevo tantissime Barbie, vestiti e accessori a gogo' - non mi ricordo di aver mai perso scarpe e borsette - e soprattutto le special edition, in particolare Barbie luce di stelle che indossava uno spettacolare vestito di tulle blu notte pieno di stelline argentate che al buio si illuminavano. La mia preferita. Ne avevo un baule pieno, mi inventavo un sacco di storie, non mi interessava niente di Skipper e forse avevo un solo Ken. Io volevo essere una donna adulta, non una ragazzina e soprattutto volevo essere libera di immaginarmi la vita e il lavoro di questa bellissima bambola, un po' difficile da svestire e rivestire ma con un risultato sempre di sicuro effetto. E perché investire - cioè buttare soldi - nell'acquisto di un nuovo Ken, quando con la stessa cifra potevo avere un'altra Barbie o dei vestiti nuovi, o la macchina, o la piscina da mettere nel giardino di casa? La casa di Barbie, ovviamente, grande, alta quanto me, ingombrante e con l'ascensore rosa (che si tirava su con una corda, non elettrico...erano pur sempre gli anni Ottanta!). Ken poteva comparire ogni tanto, se Barbie ed io ce ne ricordavamo.
Poi durante l'adolescenza le Barbie sono state tutte riposte in un baule e il baule è stato spostato in garage. Un atto semi - definitivo, perché io non giocavo più con le bambole e mia sorella poco. Certo, non era ancora il tempo delle riflessioni sul potere subdolamente distruttivo della Barbie, cioè quello di alimentare le insicurezze nelle ragazze con il suo corpo perfetto e immutabile nel tempo, che veste un guardaroba infinito e che vive in un mondo sofisticato e meraviglioso dove le donne possono essere qualsiasi cosa, mentre nel mondo reale la perfezione fisica, la ricchezza, la carriera e una vita senza problemi sono appannaggio di ben poche donne. Barbie, che rappresenta uno stereotipo. Barbie, che illude le bambine con false aspettative. Barbie, che da compagna di giochi e di vita quotidiani negli infiniti pomeriggi in cui l'unica alternativa era Bim Bum Bam, passa ad essere la nemica giurata delle donne e la perfetta alleata del patriarcato. A 14 anni, non avevo mica tutti questi retro - pensieri; per me Barbie era solo un gioco per il quale ero diventata grande e non avevo più tempo, avevo iniziato il liceo e dovevo studiare. Non potevo certo stare a pettinare le bambole (sigh)!
E adesso, da mamma, mi rispecchio nel personaggio di America Ferrera. In realtà, mi identificavo anche in Ugly Betty, forse finalmente ho capito che è lei la mia attrice - feticcio. Nel film, ha nostalgia degli anni in cui la figlia adolescente era piccola e le chiedeva di giocare con lei, non riesce ad avere un dialogo con questa ragazzina spesso brusca e scostante, che le risponde male, che non vuole che la mamma conosca nulla di lei, che si sente in imbarazzo a farsi accompagnare a scuola e vedere insieme a lei. Chissà chi mi ricorda, anche se un po' meno, sono ancora fortunata. E poi c'è la Barbie stramba, che non risponde a nessuno stereotipo e a nessun canone e all'inizio sembra solo la povera vittima del desiderio inconscio di ogni bambina di rendere Barbie brutta, per una volta imperfetta: "truccata" con i pennarelli sul viso, vestita male, con gli abiti strappati e i capelli tagliati a caso. Una Barbie uguale a nessun'altra, messa da parte per anni e senza pietà in una società che non conosceva l'inclusione e che adesso, smessi i panni della vittima, reclama a gran voce la sua legittimazione nel mondo. Oggi diremmo che ha imparato a difendere la sua unicità e in questo modo ha conquistato il pubblico: la Mattel la metterà in commercio oggi, nel giorno del mio compleanno - ogni riferimento è puramente casuale.
E mentre il monologo finale di Barbie - Margot Robbie è forse un po' troppo sdolcinato e stucchevole, pronunciato giusto per ricordarci che questo film è pur sempre una favola, quello di America è diventato virale, perché racconta la storia di ognuna di noi. Della fatica quotidiana che le donne fanno per compiacere gli altri, finendo a volte a non piacere più a se stesse, a perdersi, a non ricordarsi più chi sono, a non riconoscersi più. Terribile. E a questo punto, quando tutto sembra volgere al peggio, a lei e alle sue amiche viene in soccorso proprio Barbie stramba, che userà la (forse troppo) salvifica arma della sorellanza, per liberare le altre dalla sottomissione ai Ken e Barbilandia dal controllo maschile, farsesco e un po' superficiale, sicuramente vendicativo ma sempre a tinte rosa - in fondo è la WB, non la vita reale, nella quale le donne non controllano un granché.
Ultimo e apparentemente meno importante in questo film è Ken. Allan, di cui neanche mi ricordavo, in molti momenti fa più bella figura. Ken sta, nel vero senso della parola. Vive per stare in spiaggia, non può e non sa fare nient'altro. Ma all'improvviso ci sorprende. Arrivato nel mondo reale, capisce che è ben diverso, perché lì sono gli uomini a comandare, anche se, rispetto al passato, "lo nascondono meglio". Così Ken, intuendo il possibile cambiamento, inizia a studiare le leggi del patriarcato, salvo poi scoprire che non riguarda i cavalli e perdere l'interesse. Potrebbe fermarsi lì ma dal momento che soffre perché Barbie non lo ama, volutamente lo ignora, lo definisce superfluo, ad un certo punto diventa cattivo. Ovviamente, come può essere cattivo il personaggio di un film su Barbie: per finta e solo per un po'. Quando le Barbie riprendono il controllo, litiga per una decina di minuti con gli altri Ken per gelosia - ma nessuno si fa niente - poi torna carinamente al suo posto, rassegnato, come se non fosse successo nulla di grave o insuperabile. Il conflitto è risolto. Forse questo film non è per mamme e figlie. Forse questo film è soprattutto per gli uomini.
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